Il dagli alla CGIL degli ultimi giorni ci spinge a raccontare ai partiti ed alle associazioni datoriali una parte dello spaccato del mondo del lavoro che quotidianamente proviamo a rappresentare e che, probabilmente non arriva nelle loro stanze.
Eccovi un po’ di storie.
“Buongiorno. Mi chiamo Andrea. Lavoravo come Operatore Socio Sanitario presso una struttura accreditata del nostro comune. Dico lavoravo perché da un paio di mesi non lavoro più. Dopo 45 mesi di contratti a tempo determinato. Impossibile direte voi. Perché dopo 36 mesi di precariato, in base alla legge, si ha diritto al contratto a tempo indeterminato. Sbagliato vi dico io. Perché i miei 45 mesi sono sì nella stessa struttura, ma 35 con un datore di lavoro e 10 con un altro. Stesso luogo di lavoro, stesse mansioni, stessa struttura ma datori di lavoro legalmente diversi. Ora dopo 45 mesi, quasi 4 anni di lavoro, l’azienda decide che non sono adatto. Ma dato che contratto alla mano nel caso di assunzioni a tempo indeterminato vanto un diritto di precedenza, è da novembre che al mio posto ci sono Operatori Socio Sanitari pagati con i voucher. Alla faccia della legalità, della onestà, della tutela della qualità del lavoro”.
ASCOM, Confesercenti, CIA, i partiti politici che ci accusano di nichilismo cosa possono dire ad Andrea? È la CGIL a sdoganare il lavoro nero? O il lavoro nero è già qui ed i voucher altro non fanno che coprirlo e legittimarlo?
Certo, si dirà, questo è un abuso dello strumento. Ma allora dove sono le proposte della politica per correggere questa stortura? Dove sono le prese di posizione di ASCOM, Confesercenti, CIA controaziende di questo tipo?
La CGIL ha depositato 1.400.000 firme a sostegno della carta dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. Basterebbe leggerne gli articoli 80 ed 81 per comprendere che è la CGIL stessa a rendersi conto della necessità di normare il lavoro saltuario ed occasionale. Ora la carta dei diritti è in parlamento. Ad un passo dal divenire legge. Siamo sicuri che ASCOM, Confesercenti, CIA, i partiti politici che ci accusano di nichilismo saranno accanto a noi nella richiesta che il parlamento promulghi al più presto il nuovo statuto dei lavoratori e delle lavoratrici. Se così non fosse dovremmo concludere che le parole spese in questi giorni da tutti questi soggetti a difesa del lavoro, dell’onestà delle aziende, contro il precariato e lo sfruttamento sarebbero, appunto, solo parole.
“Buongiorno. Mi chiamo Rossana. Lavoro come Operatore Socio Sanitario presso una struttura accreditata della nostra provincia. Ma in realtà il mio datore di lavoro, una cooperativa
della Brianza, non mi considera come tale. Da sei anni sono sotto inquadrata. Mi si dice che pur avendo la qualifica di Operatore Socio Sanitario in realtà svolgo mansioni alberghiere.
In una casa di riposo. E quando di notte provo la temperatura ai pazienti? O quando di giorno li alzo e mi prendo cura di loro? Strani alberghi hanno in Brianza. Tramite la CGIL ho denunciato questa situazione all’Ispettorato del lavoro che mi ha dato ragione. Così come mi hanno dato ragione i risultati dei due ricorsi fatti dalla Cooperativa verso le sanzioni comminate dall’Ispettorato. Persi entrambi. Ed in tutto questo l’ente committente, il pubblico, cosa fa? Niente. Assolutamente niente. Alla richiesta di revoca o almeno di sospensione dell’accreditamento avanzata dalla CGIL è stato risposto picche. Ma dove finisce il ruolo di verifica e di controllo degli enti pubblici che era uno dei cardini attorno al quale ruotava e ruota l’accreditamento?”.
Anche il ripristino della responsabilità solidale degli enti committenti all’interno degli appalti è una battaglia nichilista? O forse è arrivato il momento che chi appalta verifichi fino in fondo le condizioni di lavoro che il soggetto vincitore dell’appalto garantisce ai lavoratori ed alle lavoratrici?
Siamo convinti che da oggi la politica, dopo aver versato fiumi diinchiostro sulla necessità di non cedere ai ricatti della CGIL ma di trovare quei percorsi normativi che evitassero abusi, non si sottrarrà alle richieste della FP CGIL di inserire nelle gare di appalto tutti quegli elementi a tutela dei diritti di chi lavora. Diamo per scontato che da domani la clausole sociali saranno molto più cogenti e vincolanti, anche per gli enti committenti. Se così non fosse dovremmo concludere che le prese di posizione di questi ultimi giorni siano state scritte con inchiostro simpatico che, come
tutti sanno, dopo pochi giorni sparisce.
“Buongiorno. Mi chiamo Paolo. Di me avete letto in questi giorni sui giornali. Sono l’autista licenziato da Area. Licenziato senza preavviso a seguito di un procedimento disciplinare nel
quale sono stato accusato di aver cagionato danno ad un collega. Non è questo il luogo per la disamina degli eventi che hanno portato all’infortunio ed al mio licenziamento. Questo verrà eventualmente fatto in tribunale. Ma sapete qual è il paradosso più drammatico? Se anche un giudice stabilisse l’illegittimità del provvedimento preso nei miei confronti, quello stesso giudice non potrebbe reintegrarmi. Sapete, sono stato assunto con il Jobs Act ”.
Aumento del 31%. Questi i dati dell’INPS rispetto ai licenziamenti per motivi disciplinari dell’anno 2016. Ecco il cambiamento prodotto dall’eliminazione dell’articolo 18. L’azienda licenzia il lavoratore per motivi disciplinari, poco importa che essi siano reali.
Tanto, ammesso che il lavoratore impugni il licenziamento, il giudice, qualora ne stabilisse l’illegittimità, altro non potrà fare che decidere quante mensilità corrispondergli. Ma il lavoratore avrà comunque perso il posto di lavoro. E l’azienda si sarà liberata di un “problema” ed avrà mostrato chi ha il potere.
Nel caso di AREA, poi, i datori di lavoro sono i comuni soci. Ed allora chiediamo alla politica, che dichiara a più riprese di voler tutelare l’occupazione, di prendersi la responsabilità di stipulare accordi sindacali che – in caso di cambi di appalto di servizi esternalizzati, di esternalizzazione di nuovi servizi, all’interno di aziende a controllo pubblico – superino il Jobs Act.
Ai datori di lavoro lo stiamo chiedendo da tempo. Ma la risposta, tranne qualche rara eccezione, è sempre la stessa: vorremmo, ma non possiamo. Dobbiamo applicare la legge.
Ed allora chiudiamo chiedendo ad ASCOM, Confesercenti, CIA ed alla politica di sedersi attorno ad un tavolo e sottoscrivere accordi che depotenzino questo uso distorto della legge. Altrimenti dovremmo concludere che sono loro e non la FP CGIL e la CGIL tutta ad avere una visione del mondo del lavoro del Settantasette. Del 1877.
FP CGIL Ferrara