Coronavirus, democrazia, diritto alla salute e necessaria ripresa economica.
La complessità che ci troviamo ad affrontare necessita certo di tanta collaborazione e responsabilità, ma non tanto di sfilate con fasce tricolore, gagliardetti o parate.
La scelta fatta dalla CGIL in questo periodo, insieme a CISL e UIL, è stata quella di portare un onesto e fattivo contributo all’interno dei numerosi confronti istituzionali – Unità di Crisi in Prefettura, “Gruppo di consultazione” volto al contenimento del contagio nelle filiere produttive anch’esso coordinato dalla Prefettura, Conferenza Territoriale Socio Sanitaria, Consulta dell’Economia provinciale, importante corrispondenza con Prefetto, Presidente CTSS, Governatore della Regione ecc. – tenendo un basso profilo pubblico perché convinto che in situazione di crisi, di emergenza e con interlocutori corretti, consapevoli e capaci, sia più importante impiegare ogni minuto del tempo a disposizione nel tentativo di incidere per determinare i cambiamenti necessari, urgenti e in questo caso anche vitali.
Ma…c’è un ma enorme.
Fino a quando è corretto continuare ad offrire concreta collaborazione senza dedicare anche il tempo necessario alla comunicazione pubblica? Come si può quantificare il tempo della discrezione in attesa dei necessari risultati? Per quanto ancora può essere inteso come responsabile non organizzare e alimentare la protesta se si ritiene ci siano le motivazioni?
Penso che trattandosi di questione complessa non ci sia una sola risposta ma sono convinto di trovare larghissimo consenso nell’affermare che il limite può essere individuato nella linea che divide i comportamenti volti alla tutela della salute dell’individuo, da quelli che la mettono a rischio. Sia chiaro, con ciò non voglio affermare che ogni scelta sia dettata da consapevolezza e pertanto agita con dolo, ma sono arrivato alla convinzione che eccessiva superficialità o voglia di apparire possano determinare conseguenze poco utili all’interesse pubblico, al bene comune.
Lo spunto copparese mi ha fatto decidere oggi una prima breve riflessione pubblica, esemplificativa di una situazione più generale.
E’ di pochi giorni fa la notizia della ripartenza della BERCO nel segno, per voce del Sindaco di Copparo Pagnoni, della “normalizzazione e della rinascita”. Bene. E’ facile immaginare che per normalizzazione si voglia intendere la piena ripresa delle attività per superare le ragioni che ne hanno determinato la chiusura; motivazioni da ricercare nel DPCM del 22 marzo che individuava nell’elenco degli ormai noti codici ATECO le filiere produttive indispensabili al paese e BERCO non era presente (o non è presente) e il DPCM ad oggi non è stato modificato e nemmeno superato.
Verrà detto, anzi è già stato scritto, che BERCO ritenendo di appartenere a diverse filiere produttive riconducibili ai codici ATECO ha presentato istanza al Signor Prefetto e che quest’ultimo non ha l’obbligo di esprimersi sulla richiesta di ripresa di attività delle fabbriche valendo il meccanismo del silenzio-assenso. Questa pratica consente di misurare oggettivamente la distanza tra le volontà, l’obiettivo del legislatore (“Misure di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale”) e la pratica locale. Si pensi che ad oggi le aziende che nella nostra provincia hanno preceduto BERCO su questa strada sono state un po’ più di 1200 e inibite nell’attività meno di 20. E’ facile aspettarsi che da domani i cancelli che si potranno aprire saranno a centinaia. Ma davvero si vogliono vanificare gli sforzi fatti fino ad oggi? Davvero siamo pronti a chiamare eroi, dopo i lavoratori della sanità, anche altri lavoratori sacrificando la loro salute?
Trovo responsabile, necessario e non polemico ricordare che il sistema produttivo vive di regole e tutele e “normalizzarlo” non significa ignorarle, calpestarle o cancellarle. “Normalizzazione” non è sfilare nei luoghi di lavoro ma pretendere la piena e costante applicazione delle norme sulla salute e la sicurezza. “Rinascita” non può essere la noncuranza del rispetto delle norme.
Il Sindaco ha perso un’occasione per incontrare i Rappresentanti della Sicurezza in BERCO, sarebbe stato il primo segnale di consapevolezza e responsabilità da agire nel proprio ruolo istituzionale.
Anziché promuovere un coinvolgimento largo per verificare il rispetto reale delle regole a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, a partire dalla riscrittura e dall’aggiornamento del DVR e del DUVRI, si accontenta della foto sulla stampa.
Mi preoccupa questo superficiale, spero inconsapevole, approccio alle responsabilità anche istituzionali.
“Rinascita” non è entrare all’OS.CO. per “farsi un’idea e accertarsi personalmente di come stanno andando le cose”, ma è pretendere formalmente le documentazioni che i soggetti preposti sono tenuti a rilasciare. Diverso, più utile, auspicabile, sarebbe stato saperLa impegnato nel leggere i contenuti dei verbali dei sopralluoghi degli R.L.S. e verificare, sempre formalmente, gli eventuali correttivi posti dall’Azienda USL, sentirLa impegnato in CTSS per capire prima e indirizzare poi, le richieste, le giuste pretese per il bene dei cittadini, tutti.
Ritengo che questa sia una fase in cui “collaborazione” e “vicinanza” siano concetti da praticare e non da enunciare.
E’ senz’altro il momento di unità e coesione per ricostruire un modello sociale, economico e produttivo che metta al centro le persone. E’ il momento di tracciare la linea del superamento del limite della tolleranza in modo netto. E’ l’ora di portare ad evidenza pubblica chi pratica comportamenti volti alla tutela della salute dell’individuo, e chi li mette a rischio. La fase della ripartenza deve rappresentare una grande occasione per i lavoratori di migliorare, per tramite della loro rappresentanza collettiva, le condizioni di tutela e salariali non certo la scusa per continuare e magari rafforzare lo sfruttamento. La ricchezza prodotta deve essere meglio redistribuita.
Da ultimo voglio esprime apprezzamento nel vedere il maggiore Feola che finalmente sembra essersi deciso a rispettare il lavoro altrui visto come si è comportato nella caserma di Copparo con i nostri sanitari, che anche oggi tanto stanno facendo per tutta la comunità senza gagliardetti o parate. Se ritenesse utile passare anche dalla centrale del 118 per ringraziarli e porgere qualche scusa, sono certo sarebbe un gesto gradito ancorché corretto e doveroso.
Cristiano Zagatti
Segretario generale Cgil Ferrara