Oggi, 28 aprile 2021, si celebra la giornata mondiale dedicata alla promozione della salute e sicurezza sul lavoro ed in particolare si vuole ricordare il sacrificio inconsapevole delle tante vittime dell’amianto.
Sul piano internazionale esiste più di un motivo per trovare nei contesti sociali e di lavoro una coincidenza tra i punti critici della salute globale con la storia drammatica dell’amianto.
A causa dell’amianto si sono contratte pericolose malattie e in molti casi si sono sviluppati tumori letali che hanno portato alla morte.
Mentre in Italia, come nella totalità dei paesi europei il suo impiego è stato ufficialmente bandito, da molti decenni, in più di 12 grandi nazioni l’amianto continua tuttora ad essere prodotto ed utilizzato in nome della convenienza economica, producendo morte ed inquinamento.
Si muore ancor oggi di asbesto, anche nella nostra regione, perché come sappiamo i suoi effetti si manifestano 30-40 anni dopo l’esposizione.
Il cancro è una patologia generalmente in crescita nel mondo, anche se aumenta più sensibilmente nei paesi a reddito basso, nonostante almeno la metà dei casi sarebbe prevenibile, quindi evitabile, in base alle conoscenze scientifiche.
Il tumore professionale ha una andamento stabile, solo in minima parte (massimo 10%) si manifesta in virtù della predisposizione genetica, per lo più è legato alle esposizioni cui ciascuno è stato sottoposto nel corso della vita, come testimoniato dal fatto che colpisce le classi sociali meno abbienti, più soggette a esposizioni ambientali e professionali nocive.
Per questo la prevenzione rimane l’unica strategia realistica, sia in termini previsionali che epidemiologici.
Alla base della scelta della prevenzione c’è una questione fondamentale, e cioè che eliminando un cancerogeno dall’ambiente evitiamo l’insorgenza presente e futura dei tumori, senza contare che molti dei fattori di rischio tumorale valgono per altre malattie croniche.
Tuttavia la prevalenza dell’interesse economico su ogni altro valore ha comportato che per quaranta anni nel nostro paese i lavoratori, i loro familiari, i cittadini, fossero esposti all’amianto e alle numerose malattie da esso causate.
Allo stesso modo la logica del profitto governa, pur con diverse accentuazioni, molti processi economici e sociali, contendendo alla scienza, alla medicina, al progresso sociale e alla politica il primato di decidere cosa e come produrre.
Il paradigma è lo stesso.
Neppure la pandemia pare sia evento sufficiente per far comprendere quanto sia occorrente incidere sui cambiamenti climatici, sulla preservazione dell’ambiente naturale, su un nuovo sviluppo economico sostenibile, sul lavoro di qualità.
Di fronte ad una emergenza sanitaria di portata storica, non si sta comprendendo nemmeno l’indispensabilità di una moratoria dei brevetti sui vaccini, utile per aumentarne la produzione ed immunizzare le popolazioni dei paesi più poveri, che in quanto tali dovrebbero essere le prime a ricevere la profilassi.
Per capovolgere la prospettiva sarebbe importante che la prevenzione tornasse ad essere etica ed ancor prima di far valere il suo peso nel campo delle valutazioni probabilistiche dei rischi si affrancasse dagli interessi costituiti, prevenendo innanzitutto i conflitti di interesse, ossia le circostanze che determinano la possibilità che il giudizio riguardante un interesse primario sia influenzato da un interesse secondario.
Nel caso della salute pubblica ma anche professionale, l’interesse primario è il benessere delle persone, solo dopo secondariamente possono essere il profitto o le posizioni di rendita.
Riccardo Grazzi CGIL (Camera del lavoro Ferrara)
Romeo Zazzaroni AFEVA (Associazione Famigliari e vittime Amianto)