Sul dibattito in corso in questi giorni sul tema dei referendum promossi dalla Cgil e, in conseguenza di ciò, sulle decisioni del Governo di decretare per la cancellazione dei voucher e per il ripristino della responsabilità solidale delle committenti in ambito di appalti si sta assistendo ad un grossolano, ed anche un po gretto, attacco alla Cgil.
Associazioni di rappresentanza datoriali, rappresentanti politici, pur se in maniera assolutamente legittima esprimono considerazioni e pareri sulla questione oggetto del contendere, dovrebbero partecipare al dibattito con estrema onestà intellettuale.
Con uno spirito di anticipata, futura rivalsa si vuole scaricare la responsabilità sulla Cgil di un imminente, inevitabile (sostengono talune associazioni) esplosione del lavoro nero. Visione assolutamente distorta in quanto tende a rappresentare una realtà nella quale, grazie ai voucher, il lavoro nero sia stato debellato dal nostro paese. Purtroppo così non è. In molti casi l’utilizzo dei voucher è stato proprio lo strumento per “legalizzare” un uso distorto degli stessi e quindi funzionale all’aumento dello sfruttamento e dell’illegalità.
Su questo tema una domanda risulta semplice e naturale: il lavoro nero da chi è determinato? Da un lavoratore sotto ricatto e bisognoso di una qualche forma di sostentamento, dal sindacato, o da un imprenditore privo di probità, lealtà, correttezza (definizione di disonesto) ?
Tal altre associazioni e politici, gridando al ricatto posto in atto dalla Cgil con i referendum e alla resa del Governo, sostengono che sarebbero state sufficienti modifiche alla normativa in materia di voucher. Perchè solo ora queste dichiarazioni? Nel recente passato non risulta alcuna proposta di ri-normare, governare questo strumento. Come non risulta alcuna disponibilità a modificare con la contrattazione gli infausti effetti del Jobs Act come proposto ad ogni tavolo dalla Cgil e dalle sue categorie.
Ci è sempre stato risposto che le aziende avrebbero applicato e rispettato ciò che prevedeva e concedeva la legge.
Questo è il nodo centrale della questione: dal 1970 fino al 2011, la Cgil si è battuta per fare rispettare e applicare le leggi nei luoghi di lavoro in quanto la legislazione sul lavoro (in particolare la sua componente fondativa, la legge 300) metteva al centro il lavoratore, la sua tutela, la sua condizione e la sua dignità. Dal 2011 in avanti (dall’art. 8 di Sacconi sulla derogabilità di leggi e contratti) molto spesso, e paradossalmente, la Cgil è impegnata per non fare applicare la legislazione sul lavoro in quanto, questa, mette al centro l’impresa, il profitto, il capitale a scapito della parte debole del mondo del lavoro. Il lavoratore, appunto.
Ad ogni tavolo la Fiom e la Cgil sono sempre pronte e disponibili al confronto sul merito delle questioni. Nel momento in cui, però, si riscontrano posizioni delle controparti, queste sì ideologiche, che rispondono a logiche neo-liberiste la Fiom, la Cgil sono pronte, con le proprie donne e i propri uomini, ad iniziare percorsi anche difficili e lunghi ma che si prefiggono di ridurre le ingiustizie, lo sfruttamento e le inaccettabili differenze che si sono prodotte in questi ultimi anni tra lavoratori e capitale.
Samuele Lodi
Segretario Generale Fiom Cgil Ferrara